mercoledì 16 marzo 2011

Salute, benessere e bellezza


Salute, benessere e bellezza commenti

Salute, benessere e bellezza
“La bellezza salverà il mondo”
Fëdor Dostoevskij
Lo scorso giugno si è svolto a Roma il secondo Congresso Nazionale di Medicina Osteopatica il cui tema era “L’incontro tra Medicina e Osteopatia, verso una Medicina Sistemica”. In quella occasione ho avuto il piacere e l’onore di presentare Viola Frymann, che nel suo intervento tra le altre cose ha detto: “Dobbiamo riconoscere la innata capacità intrinseca che ognuno ha nella sua totalità, che permette di superare la malattia e di mantenere la salute, e dobbiamo insegnare ai medici a cooperare con questa potenza terapeutica in tutti i loro programmi di trattamento”.
Sono rimasto colpito da questa affermazione che ha continuato a risuonare dentro di me in quei tre giorni del congresso, facendomi riflettere sul senso che viene attribuito alla cura e alla Salute. Mi si presentava continuamente un’immagine di tre grandi porte, diversi accessi verso tre regni: sulla prima porta c’era scritto “medicina ufficiale”, sul secondo ingresso c’era la targhetta del “centro benessere” e sul terzo c’era una frase a me cara: “master of yourself”, sii maestro di te stesso.
La clinica, l’ospedale, il trattamento medico, è considerato il primo ambito di cura della salute o meglio della malattia, spero sempre di non averne mai bisogno, ma evidentemente è necessario. Qui io sono l’oggetto della cura e come scrive Su Fox nell’articolo “Cranial Connections” proposto in questo numero: “Il riduzionismo e il rapporto di causa-effetto, insieme al dualismo e al meccanicismo, sono i concetti che puntellano il nostro modello biomedico tradizionale. All’interno di questo modello, la persona è vista solamente come un organismo biologico, e i pensieri, le emozioni e i significati del corpo, o la sua sintomatologia, non hanno alcun posto.”
Poi c’è il centro benessere (ambito in cui letteralmente sono immerso ora, dopo averlo progettato per anni lo sto realizzando concretamente qui, a Norma) dove mi prendo cura della mia salute, in modo preventivo e curativo. Questa è una mia scelta più attiva e desiderata (non vedo l’ora di andare a farmi trattare in un centro, fare una pausa e prendermi cura di me), sono io che decido di più, sono meno oggetto e più soggetto. Nel centro benessere (o in spazi analoghi, fino allo studio del mio terapista corporeo) in qualche modo collaboro con l’idea di salute, anche se spesso la risorsa proposta è esterna, (la bellezza esteriore) e il mio prendermi cura, talvolta, è come indossare un nuovo abito…che non dura molto.
Dietro la frase “be the master of yourself” c’è invece l’idea di un percorso che va verso la salute, quello per esempio descritto nei libri di Tiziano Terzani, o ben sintetizzato ironicamente dall’americana Kriss Carr nel titolo del suo libro “Ho il cancro, vado a comprarmi un rossetto”. Il percorso verso la salute implica una mia personale responsabilità, mi metto in gioco, non ho la malattia ma la malattia è lì con me per dirmi qualcosa, e sarà interessante scoprirlo. Inoltre in questo percorso la Salute non scaturisce necessariamente dalla patologia, ma è più intesa in chiave esistenziale.
E’ qui che si colloca il ruolo dell’educazione che mi piace definire “Somatica”, dell’operatore craniosacrale e/o di tutti quelli che non lavorano sulla malattia ma sulla capacità intrinseca di superarla. Lavorare con le risorse del paziente/cliente è un altro ambito, implica un’educazione e una corresponsabilità non offerte dai primi due.
Ovvero: “L’arte e la scienza degli educatori somatici non si concentra sulla patologia, sui sintomi, sulla eziologia e sulla guarigione, ma piuttosto sul processo di apprendimento senso-motorio, sullo sviluppo del potenziale cinestetico, e sulla scoperta delle migliori opzioni strategiche in movimento” (Tratto da: Joly Y. “The experience of being embodied: Qualitative Research and Somatic Education”).
Nel recente incontro al Senato della Repubblica, l’Associazione delle Arti per la Salute che riunisce al suo interno le associazioni nazionali di varie biodiscipline (quali: Shiatsu, Riflessologia del piede, Ortho-Bionomy, Craniosacrale, Tai Chi, Essenze Floreali, Watsu e Kinesiologia), ha sottolineato un suo distinguo rispetto alle “medicine alternative o complementari” e si è definita come “Arte per la Salute”, proprio in quanto le diverse discipline si pongono, operativamente, nel generale campo della salute e del benessere e fuori dal campo strettamente medico.
L’accento sul non-medico è anche frutto del fatto paradossale che il Ministero della Salute non ha mai voluto neanche incontrare i rappresentanti del settore, non si è mai posto come loro interfaccia, tanto è che si prospettano altri collegamenti come quello con il Ministero del Wellfare.
Abbiamo qui due movimenti diversi: l’Osteopatia che cerca il dialogo e il confronto con il mondo medico, e l’Associazione delle Arti della Salute che è orientata a cercare un proprio spazio nel mondo del benessere.
Intendiamoci il progetto di integrazione rimane il naturale obbiettivo culturale e storico, ma, nella fase attuale del “Chi Siamo”, quello che ci permette oggi di sottolineare l’innata capacità intrinseca del mantenimento della Salute, è la dimensione non solo del confronto con la medicina, i suoi strumenti e i suoi risultati, ma la definizione del concetto di Salute all’interno di uno spazio dedicato al benessere, alle risorse, e in qualche modo alla Bellezza.
Ray Castellino nell’intervista pubblicata per la prima volta in Italia, qui nella nostra rivista, dichiara: “Il nostro è un movimento di Rinascimento dei nostri tempi. Stiamo integrando tantissimo da così tante discipline diverse. E’ un tempo molto ricco”.
Quello che sto cercando di condividere è che a prescindere dalla querelle che sembra senza fine sulla questione del riconoscimento istituzionale della nostra professionalità, in quanto “artisti della salute” o “operatori di discipline bionaturali, complementari o alternative” siamo comunque persone che portano in primo piano l’idea dell’educazione somatica, vale a dire la capacità umana di imparare a trasformare tutti i processi di vita di un individuo: dal punto di vista fisiologico, psicologico, emozionale e della coscienza.
Possiamo e dobbiamo operare, talvolta negli stessi spazi, talvolta negli stessi ambiti, degli altri “due reami”, poiché il nostro territorio è quello del “reame di mezzo”, un territorio di confine, e come tale sottoposto al dialogo, al confronto, alla sfida di creare sempre ricchezza, poiché la Bellezza del nostro tempo di Rinascimento è quella indicata da Ralph Waldo Emerson: “Anche se giriamo il mondo in cerca di ciò che è bello, o lo portiamo già in noi, o non lo troveremo” .
Silvio Mottarella, presidente A.P.O.S, riflettendo su cosa significa oggi la relazione terapeutica scrive: “Possiamo allora lavorare partendo dal trauma stando dalla parte della malattia, oppure, al contrario, dalle risorse che stanno sul fronte della salute. Ma in entrambi i casi se non si cambia il pensiero che sta alla base, non si generano cambiamenti sostanziali. Abbiamo allora tecniche più immediate e risolutive che mirano all’eliminazione del sintomo e tecniche più rispettose che vogliono amplificare la salute e quindi togliere spazio alla malattia. Che sia testa o croce, la moneta rimane la stessa: il conflitto”. (da shiatzu-do)
E’ come se la relazione terapeutica, orientata per definizione alla salute, stesse cercando una terza condizione. Una terza via che nell’alternanza insita in ogni processo di trasformazione, non sceglie il conflitto e la lotta, tra quali significati dare alla salute, al benessere e alla bellezza. Esserci e stare, osservare e riconoscere, con la nostra presenza e consapevolezza del Respiro della Vita in noi e negli altri, ci permette di rispettare, non giudicare e accogliere. Questo significa scegliere di accompagnare e testimoniare la trasformazione dello sguardo e quindi dell’atteggiamento.
Sento in questa mia condivisione il sottofondo delle parole di Jaap van der Waal: “Nel pensiero polare la vita è nel mezzo e le polarità sono gli estremi. Gli estremi, le polarità, sono la patologia. La vita, la guarigione e la salute sono nel mezzo. Per questo cercheremo la qualità del mezzo nei cicli e nei ritmi, lì c’è la salute e la vita”.
Fonte: Craniosacrale.it

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