sabato 16 luglio 2005

Trattamenti pre e post chirurgici

Il sempre maggior numero di persone che praticano attività sportiva a livello amatoriale ( basti pensare al calcetto, al footing, alle settimane bianche) ha comportato il fatto che alcuni traumi sono ormai diffusi e non più legati soltanto allo sport professionistico; tra questi i traumi normalmente più trattati, prima e dopo l'eventuale intervente chirurgico, sono le lesioni meniscali e le lesioni del legamento crociato anteriore. Più che mai in queste situazioni è indispensabile lavorare in stretto contato con il chirurgo ortopedico.

Lesioni meniscali

Sono abbastanza frequenti in attività che implicano movimenti rotatori del ginocchio.Un arresto improvviso, un cambio di direzione, un contrasto con un avversario senza sincronismo tra i movimenti di flesso-estensione e di rotazione sono i fattori di rischio dell'integrità meniscale.La lesione meniscale può essere isolata o associata ad altre lesioni del ginocchio, in particolare quelle capsulo-legamentose, di cui l'eventualità più frequente è la lesione del legamento crociato anteriore (LCA). Le lesioni possono essere sommariamente distinte in acute, se legate ad un evento traumatico preciso, o degenerative se dovute a vecchi traumi o ripetuti episodi microtraumatici. Nella lesione acuta si instaura quasi sempre un blocco articolare, con versamento endoarticolare; nel caso di lesione cronica la sintomatologia è più sfumata ed il paziente riferisce episodi di blocchi, dolenzie a livello dell'emirima mediale, cedimenti improvvisi, scatti articolari.Soprattutto nelle lesioni acute il trattamento è chirurgico; oggi una buona artroscopia, effettuata in anestesia generale o periferica, può tranquillamente essere eseguita in regime di day-hospital.I tempi di recupero dipendono dal tipo di intervento (i trattamenti sul menisco laterale obbligano a tempi riabilitativi più lenti). Nell'immediato post-operatorio è ovviamente indispensabile l'utilizzo della crioterapia, insieme a ginnastica isometrica e leggere stimolazioni elettriche, soprattutto del quadricipite. Dopo qualche giorno in genere si procede ad un carico parziale, si aumenta l'intensità delle stimolazioni elettriche e si imposta un buon programma di ginnastica propriocettiva.

Lesioni del legamento crociato anteriore

Itraumi distorsivi del ginocchio sono in costante aumento nelle varie discipline sportive che implicano un'attività a carico del ginocchio. La lesione del legamento crociato anteriore isolata o associata ad altre strutture articolari rappresenta secondo vari studi epidemiologici un'eventualità molto frequente. Nella maggior parte dei casi il trauma avviene senza contatto o contrasto, durante una decelerazione o un cambio di direzione o una ricaduta da un salto.La storia naturale delle lesioni del LCA è ben conosciuta e consiste in una progressiva destabilizzazione articolare che attraverso episodi successivi di cedimenti più o meno eclatanti determina un coinvolgimento dei menischi, delle cartilagini di rivestimento e delle componenti capsulo-legamentose periferiche. Il LCA è costituito da due contingenti legamentosi, uno antero-mediale teso in flessione e l'altro postero-laterale teso in estensione, che dalle spine tibiali si dirigono all'inserzione femorale nella parte posteriore della faccia mediale del condilo laterale.Nei traumi acuti è indispensabile bloccare l'articolazione, evitare il carico usando due stampelle e orientarsi su una diagnosi clinica, cioè se si tratta di una lesione isolata del LCA o associata ad altre strutture articolari o periferiche. Se il paziente è uno sportivo di solito già sul campo di gara, dopo pochi minuti dal trauma, si riesce a valutare con sufficiente attendibilità la stabilità del ginocchio attraverso i test statici e dinamici tipici (Lachman, Jerk); successivamente diventa più difficile per la comparsa del versamento (emartro), per l'impotenza funzionale e per la contrattura antalgica. Nelle instabilità croniche i cedimenti continuativi e l'insicurezza gestuale soprattutto durante l'attività sportiva indirizzano dallo specialista; in questi casi la diagnosi può essere più agevole e con maggior facilità si riesce ad eseguire i test valutativi. L'accertamento strumentale con RMN consente una significativa definizione anche di eventuali lesioni associate.Il trattamento delle lesioni del LCA è chirurgico, indipendentemente dalle attività sportive praticate dal paziente in quanto l'articolazione, come detto, va incontro a un progressivo deterioramento, soprattutto se il trauma avviene in giovane età. Viceversa l'età stessa, le motivazioni e le attitudini sportive, il peso, il sesso, rappresentano fattori di valutazione ai fini di un'indicazione chirurgica.La scelta del trapianto da innestare è uno degli aspetti più dibattuti dai chirurghi del ginocchio; abbandonati i legamenti artificiali, non scevri di problematiche, i prelievi tendinei da cadavere, il ricorso a prelievi tendinei autologhi (rotuleo, quadricipitale, semitendinoso gracile duplicati) rappresenta oggi miglior opzione a disposizione. Il post-operatorio prevede un'immobilizzazione in ginocchiera articolata di protezione per tre-quattro settimane, l'immediata attività muscolare isometrica e il carico progressivo a discrezione del paziente. Ionoforesi, laser e stimolazioni elettriche leggere accompagnano questa fase. Quindi alla rimozione dei punti di sutura si incrementa la mobilità articolare, si inizia l'attività muscolare a catena cinetica chiusa, si aumentano le stimolazioni elettriche e l'attività propriocettiva, la cyclette e la piscina. Le tappe successive prevedono l'incremento delle attività muscolari e propriocettive, insegnare al paziente a camminare correttamente e solo dopo due o tre mesi si potrà passare ad una corsa leggera . La ripresa sportiva dipende molto dalle motivazioni del paziente, ma non viene consentita mediamente prima dei cinque/sei mesi.Negli adolescenti con lesione del LCA, che praticano attività sportiva, in genere si consiglia di eseguire la riparazione chirurgica, non potendo controllare l'instabilità articolare e il potenziale degrado con il potenziamento muscolare e una ginocchiera funzionale fino al termine dell'accrescimento.Nei pazienti non più adolescenti , che non praticano attività sportiva a livello professionistico, che non hanno lesioni particolarmente invalidanti, consigliamo di fare una buona terapia e di ricorrere all'intervento solo quando ci siano delle limitazioni nella normale vita di relazione.

Mastectomia

Un altro intervento riabilitativo post operatorio che ci viene richiesto sempre più frequentemente riguarda pazienti di sesso femminile con esiti di interventi al seno.Riteniamo opportuno fare alcune premesse anatomiche e patologiche prima di affrontare il problema, quanto mai delicato, della riabilitazione.
La mammella
Le ghiandole mammarie derivano dalla pelle per crescita verso l'interno di sottili dotti che si ramificano nel tessuto grasso sottocutaneo. La mammella presenta al suo apice una sporgenza cutanea detta capezzolo, circondata da una zona di cute di colorito più scuro, detta areola. La mammella riceve sangue arterioso dai rami dell' arteria succlavia, dell'arteria ascellare e delle arterie intercostali. Il sangue venoso refluo viene drenato nelle vene omonime.I linfatici mammari sono schematicamente divisibili in tre gruppi: un gruppo laterale, uno mediale ed uno retromammario, che fanno capo rispettivamente ai linfonodi ascellari, ai linfonodi della catena mammaria interna ed ai linfonodi sopraclaveari.L'organo mammario poggia sulla parte anteriore del torace. Il supporto scheletrico del torace è costituito dallo sterno, dalle coste e dalle 12 vertebre toraciche. I muscoli che rivestono la gabbia toracica sono: anteriormente il gran pettorale e più profondo il piccolo pettorale.Il trattamento chirurgico, in caso di tumore al seno, prevede una terapia demolitiva ed una terapia conservativa a seconda dei casi e delle problematiche.

TERAPIA DEMOLITIVA

Mastectomia semplice
Consiste nell'amputazione della sola mammella senza demolizione dei piani muscolari sottostanti e senza svuotamento dei linfonodi ascellari.

Mastesctomia radicale secondo Halsted
Prevede la rimozione dell'intera mammella, dei muscoli piccolo e grande pettorale e di tutti i linfonodi ascellari

Mastectomia radicale modificata secondo Patey
Prevede l'asportazione della mammella, dei linfonodi ascellari e del muscolo piccolo pettorale con la conservazione del grande pettorale. Negli ultimi anni la procedura si è ulteriormente modificata con la conservazione di entrambi i muscoli.

Mastectomia bilaterale
Poiché il tumore del seno può presentarsi in entrambe le ghiandole, anche in tempi diversi, alcune donne subiscono il doppio intervento e sono quindi costrette ad indossare due protesi.

TERAPIA CONSERVATIVA:
la chirurgia conservativa prevede l'asportazione di una parte dell'organo.

Quadrantectomia
Con questa procedura viene rimossa una porzione di mammella, nel cui contesto si trova il tumore, comprendendo anche la cute e la fascia del grande pettorale. L'asportazione dei linfonodi ascellari, se necessaria, può essere effettuata attraverso la stessa incisione o con un'altra piccola incisione ascellare

Tumorectomia
Comporta la semplice rimozione del tumore, associando o meno la rimozione dei linfonodi.
Questi tipi di intervento sono sicuramente meno traumatici per la donna.L'asportazione parziale del seno riduce drasticamente le complicanze funzionali del torace e dell'arto superiore, causando però asimmetria dei seni.Il problema estetico è facilmente risolvibile consigliando la donna l'utilizzo di protesi parziali.
C'è da dire che fortunatamente negli ultimi anni la terapia ricostruttiva sta compiendo notevoli progressi; a causa dell' abbassarsi dell'età in cui viene diagnosticato e trattato il tumore della mammella, sempre più frequenti sono le donne che intendono sottoporsi a terapia ricostruttiva. E' fondamentale che il carcinoma permetta di mantenere il tessuto cutaneo e sottocutaneo per uno spessore di circa 5 cm, in modo da garantire l'irrorazione ematica. La terapia ricostruttiva consente di ricreare l'organo utilizzando degli elementi diversi dalla ghiandola mammaria.
Si parla di impianto AUTOGENO quando vengono utilizzati lembi miocutanei della paziente; esistono due sistemi di ricostruzione che prevedono la rotazione o il trasferimento di parti del tessuto cutaneo e muscolare da una parte all'altra del corpo:
il lembo muscolocutaneo del gran dorsale;
il lembo muscolocutaneo del retto addominale.

Gli interventi con tessuto autologo sono indicati nei casi di ricostruzione di seni di grosse dimensioni.

Si definisce ETEROGENO l'intervento che prevede l'utilizzo di protesi. In questo caso vengono utilizzati vari tipi di protesi che sono morbide, comprimibili, riempite di liquido o gel, di varie dimensioni . In un'alta percentuale dei casi la ricostruzione con protesi richiede una mastoplastica di adeguamento del seno controlaterale.Gli interventi che consentono l'utilizzo di protesi, riguardano la ricostruzione di seni di piccole medie dimensioni.

Quando viene asportato un seno, il torace modifica la sua struttura in relazione a due fattori importanti: il peso dell'organo e l'estensione dell'amputazione ai piani muscolari.La conseguenza dell'intervento chirurgico determina una variazione di peso tra i due emitoraci. Laddove è presente l'organo mammario superstite la colonna è sottoposta ad un maggiore lavoro rispetto la parte priva. Questa condizione provoca nel tempo un vizio di posizione della colonna con relativi problemi legati alla respirazione, al movimento, alla comparsa di artrosi dorsali e algie; problematiche che peggiorano quando la donna presenta un seno di grosse dimensioni (quindi più pesante).
Se poi consideriamo che nella donna operata al seno possono subentrare, in tempi più o meno brevi, osteoporosi ed ipotono muscolare dovuti alla menopausa, è chiaro che il problema della mancanza dell'organo non si limita più ad un solo fatto estetico ma diviene una problematica clinico-assistenziale da affrontare al pari di altre situazioni.L'osteoporosi e l'ipotono muscolare, anche se ben diversi come fattori, provocano entrambi un indebolimento funzionale della cassa toracica, sia per indebolimento della struttura ossea, sia per diminuzione del sostegno della parete muscolare.

LINFEDEMA

L'edema dell'arto superiore, che può manifestarsi dopo mastectomia radicale, è una delle complicanze che merita di essere ricordata per l'importanza che assume nella riabilitazione della donna.L'edema è causato dalla difficoltà dello scarico linfatico, conseguente all'asportazione delle stazioni linfatiche ascellari; può arrivare a quadri di elefantiasi dell'arto. Il drenaggio linfatico migliora progressivamente quando si vengono a costituire i circoli collaterali . Per ottenere una riabilitazione anatomico funzionale completa, occorre insegnare la mobilizzazione corretta alla donna: fin dalle prime ore dopo l'intervento la donna deve mobilizzare braccio e spalla ; gradatamente la donna compirà movimenti di abduzione e rotazione interna ed esterna dell'omero e movimenti di elevazione e depressione della spalla (sarà sufficiente insegnare la donna a toccare la scapola controlaterale tornando più volte alla posizione di partenza, come anche a sfiorare il fianco opposto facendo passare il braccio anteriormente e posteriormente).In situazione di riposo dell'arto superiore poggerà su un cuscino per favorire il drenaggio linfatico; verrà sconsigliato di mantenere a lungo il braccio abbandonato al fianco.In seguito la donna dovrà seguire un programma fisioterapico che potrà comprendere massaggio e linfodrenaggio, sia attraverso l'apposito macchinario sia manualmente; qualora sia necessario verrà consigliato un bendaggio elastico.
E ' estremamente importante curare, con attenzione e delicatezza e possibilmente insieme ad altri operatori qualificati, l'aspetto psicologico che deriva dal nuovo rapporto che la donna deve iniziare con il suo corpo modificato.E' importante ribadire quanto delicato sia l'intervento di amputazione del seno, totale o parziale, sia per la causa che lo ha richiesto, che per il cambiamento estetico, sessuale, sociale che ne deriva.La donna operata al seno si trova a combattere inizialmente contro un nemico feroce, improvviso, veloce: il cancro. Le prime preoccupazioni che affliggono una donna colpita da carcinoma mammario sono urgenti, riguardano la prognosi, l'operazione chirurgica, la terapia citostatica successiva. La donna desidera al più presto eliminare il "nemico": il seno in cui è comparso il tumore.Dopo l'intervento sopraggiunge la consapevolezza dell'amputazione ed uno stato di profonda frustrazione si impadronisce della donna: si è diverse da prima, si è diverse da tutte le altre donne, si è persa l'armonia fisica nel delicato meccanismo della comunicazione sessuale; non c'è età che possa essere dispensata da questi e altri turbamenti.Subentra, accanto alla depressione, un senso di colpa che rende la donna rabbiosa per aver permesso che il suo corpo si ammalasse, per aver permesso ad un carcinoma di aver invaso il proprio seno, per essersi quindi ridotte a donne non più donne. Così cresce la rabbia verso sé stesse, rabbia che si manifesta nei confronti di se stessa ma a volte anche nel rapporto con i propri cari, che può compromettere i rapporti di coppia, che modifica le abitudini sociali.Per quanto ci riguarda quindi dobbiamo utilizzare, insieme alle tecniche riabilitative, anche molto tatto sia per sdrammatizzare la situazione sia per motivare la paziente ad accettare comunque la nuova situazione e diventare soggetto indispensabile del programma riabilitativo.

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