sabato 16 luglio 2005

Trattamenti urologici

Incontinenza urinaria

L'incontinenza urinaria è una condizione che affligge la vita di un grande numero di uomini e donne in tutto il mondo. Sebbene raramente metta a rischio la vita, tuttavia condiziona negativamente la qualità della vita, causando invalidità e sofferenza a chi ne soffre e una significativa morbilità per la società.Negli Stati Uniti il National Istitutes of Health ha dimostrato come l'incontinenza urinaria non sia solo un problema medico ma anche economico, costando più di 12 miliardi di dollari l'anno. L'incontinenza urinaria condiziona la vita del 15 - 30 % di donne di tutte le età sotto il profilo sociale, psicologico, occupazionale , domestico, fisico e sessuale. Molte donne tentano di nascondere il problema a tutti, spesso incluso il marito, a causa della vergogna che provano. Tradizionalmente la terapia dell'incontinenza urinaria era eminentemente chirurgica o farmacologica; nell'ultimo decennio c'è stata una larga diffusione di metodiche comportamentali e soprattutto riabilitative. E' assai importante, in stretta collaborazione con il ginecologo e l'urologo, effettuare una preliminare ed attenta valutazione delle condizioni cliniche associate all'incontinenza urinaria e definire bene il tipo di incontinenza presente ( da stress, da urgenza, mista o da overflow).In ogni caso le tecniche rieducative, opportunamente attuate a seconda del problema specifico, hanno tutte come obiettivo il miglioramento delle "performances" perineali sì da poter permettere al perineo di poter esplicare adeguatamente le sue funzioni di supporto dei visceri pelvici, di rinforzo sfintero-uretrale e di contrasto alle iperpressioni endoaddominali.Ogni singola disfunzione richiede un adeguato trattamento, ivi compresa l'individuazione dei fattori di rischio per incontinenza urinaria e per prolasso genitale.La riabilitazione uro-ginecologica che pratichiamo si fonda essenzialmente sul biofeedback (BFB), sulla chinesiterapia pelvi-perineale (CPP) e sulle stimolazioni elettriche funzionali; di volta in volta va formulato il programma più idoneo, privilegiando l'una o l'altra delle metodiche dopo una accurata valutazione del caso. In generale, comunque, i migliori risultati si ottengono associando i tre tipi di trattamento.

Biofeedback

Il BFB è un mezzo attraverso il quale registrare alcune attività fisiologiche non apprezzabili a livello cosciente in condizioni normali o divenute tali per un processo patologico; è costituito da un "trasduttore" fisiologico, un amplificatore, un elaboratore del segnale e un evidenziatore per il soggetto ricevente l'informazione (Basaglia 1984).Scopo essenziale è quello di rilevare l'entità e la forza di una contrazione muscolare, la posizione di una articolazione o di un segmento corporeo, la direzione in cui si sta muovendo e la correttezza del risultato ottenuto rispetto ad un compito prefissato.Tale metodica non consiste quindi in un trattamento chinesiologico in senso stretto, bensì entra a far parte del più ampio capitolo della rieducazione neuro-motoria fornendo delle informazioni che aiutano il paziente a raggiungere un miglior controllo della funzione muscolare.La tecnica più usata è generalmente quella elettromiografica che consiste nel registrare la differenza di potenziale provocata da una contrazione muscolare e nel restituirla sotto forma do informazione sensoriale quantificata.Gli elettrodi vengono posizionati nella seduta iniziale di apprendimento su gruppi muscolari sani: in tal modo il paziente impara a riconoscere i segnali collegati ad uno stato di contrazione, di rilassamento e di contrazione muscolare associata o co-contrazione. Successivamente, dopo la seduta preliminare, i segnali elettrici vengono amplificati, elaborati, semplificati e quindi rinviati al paziente sotto forma di stimoli sensoriali, uditivi o visivi, tali da essere facilmente recepiti ed interpretati.Molte donne anche per fattori culturali hanno una scarsa coscienza del pavimento pelvico e non sono in grado di contrarre volontariamente la muscolatura perineale e quindi il BFB si rende spesso necessario al fine di ottenere una migliore presa di coscienza della muscolatura pelvica in quelle pazienti che presentano un deficit non neurogeno.

Stimolazioni Elettriche

La continenza urinaria è strettamente dipendente da una corretta innervazione centrale e periferica e da una assenza di lesioni intrinseche delle basse vie urinarie e del pavimento pelvico. Numerosi riflessi sono stai chiamati in causa nella regolazione della funzione vescico-sfinterica (Barrington, 1915; Mahony, 1977). I meccanismi periferici coinvolti nel processo d inibizione vescicale sono rappresentati dagli archi riflessi pelvico-ipogastrico e pudendo-ipopgastrico (ad azione facilitatoria) e dall'arco riflesso pudendo-pelvico (ad azione inibitoria). E' stao dimostrato che l'inibizione riflessa (rilasciamento) della muscolatura uretrale (liscia e striata) e del pavimento pelvico è associata ad una contrazione detrusoriale. Parimenti l'inibizione detrusoriale, dovuta ad un tonico riflesso inibitorio esercitato dalle strutture sovraspinali sul centro minzionale sacrale, è influenzata in via riflessa dalla contrazione della muscolatura sfintero-perineale.La stimolazione elettrica può normalizzare l'attività dei recettori di stiramento nell'ambito della muscolatura perineale e rendere più stabile il centro sacrale della minzione; può inoltre migliorare la resistenza alla fatica e la forza contrattile della uscolatura pelvica, con successivo beneficio del meccanismo di chiusura uretrale in corso di stress.Teoricamente le modalità di elettrostimolazione sono le seguenti:· stimolazione perineale;· stimolazione delle radici sacrali anteriori; · stimolazione sacrale intradurale (secondo Brindley), extradurale (secondo Tanagho) o intraforaminale (secondo Schmidt);· stimolazione intravescicale.Nell'elettrostimolazione perineale gli elettrodi di più largo impiego sono elettrodi endocavitari (endovaginali) o gli elettrodi di superficie (impiegati nella tecnica TENS o nelle correnti interferenziali).Gli elettrodi intra-cavitari sono posizionati (in genere sono due o tre) a forma di anello su sonde vaginali di varia grandezza. E' ovvio che le sonde di elettrostimolazione devono essere in funzione delle condizioni clinico-anatomiche della paziente (forma e lunghezza della vagina, qualità della muscolatura perineale, tipo e grado di eventuale prolasso vaginale. Le apparecchiature di elettrostimolazione sono di tipo "compatto" (ambulatoriale) o miniaturizzato (per uso domiciliare); ambedue i tipi di apparecchiatura erogano per lo più correnti bifasiche (obbligatorie per trattamenti domiciliari), per annullare eventuali effetti elettropolari.Il problema della disinfezione e della sterilizzazione delle sonde può essere risolto con l'utilizzo dello Sporicidin (soluzione a base di fenolo e glutaraldeide).Un discorso importante nell'elettroterapia dell'incontinenza è rappresentato dalle correnti interferenziali, che presentano alcune indubbie qualità:· la loro larga diffusione (in Gran Bretagna e Australia in particolare);· la loro ottima azione trofico analgesica in profondità;· la non necessità di ricorrere ad elettrodi endocavitari.La corrente interferenziale può indurre una stimolazione muscolare in un muscolo normalmente innervato, indipendentemente dalla ricerca dei suoi punti motori specifici ed evitando gli effetti collaterali, a livello cutaneo, indotti da altri tipi di corrente nell'intento di ottenere una maggior penetrazione in profondità.L'obiettivo della terapia interferenziale è quello di indurre un effetto stimolante sulla muscolatura del pavimento pelvico (principalmente rappresentata dal muscolo elevatore dell'ano), al fine di determinare:· la presa di cosacienza della muscolatura stessa;· un miglioramento del suo tono e del trofismo;· l'inibizione riflessa del detrusore (Nakamura et al.,1986; Ohlsson et al., 1986).Per una efficace terapia interferenziale è fondamentale il rispetto di due parametri:1. un adeguato posizionamento degli elettrodi;2. la selezione di appropriati parametri elettrici, a seconda del tipo di incontinenza urinaria a cui ci si rivolge.Per quanto concerne il posizionamento degli elettrodi , vi sono due metodiche, che possono essere applicate: la bipolare e la tetrapolare. Il trattamento può essere eseguito quotidianamente o a giorni alterni; un ulteriore schema di applicazione degli elettrodi è quello con due elettrodi posti superiormente, in corrispondenza della regione retrotrocanterica e gli altri due posti inferiormente, al di sotto della piega glutea (Savage, 1984).

Fisioterapia

Nella riabilitazione dell'incontinenza urinaria la chinesiterapia occupa un posto di primaria importanza, rappresentando la congiunzione tra movimento (chinesis) e cura (terapeia); per chinesiterapia si deve intendere l'insieme delle forme di attivazione muscolare e degli esercizi articolari semplici e complessi diretti ad un fine terapeutico, che abbiano cioè per scopo il miglioramenro dell'aspetto posturale e dinamico del corpo umano. Le varie manovre usate si usano schematicamente, ed in modo puramente aaccademico, dividere in passive, attive, attive contro resistenza e posturali; ma ormai la comprensione dell'importanza del "conoscere se stessi", dello schema corporeo quale centro organizzatore di afferenze ed efferenze e nello stesso tempo da queste organizzato, la prevalenza della coscienza del movimento rispetto alla meccanica muscolare ed articolare hanno trasformato l'atto di chinesiterapia in una serie di modificazioni della sfera "funzionale" di un individuo che possono andare ben oltre l'atto stesso. Allo stato odierno sarebbe ben più corretto suddividere gli esercizi riaabilitativi in atti che non richiedono l'attenzione del paziente ed in esercizi che ne devono coinvolgere pienamente la coscienza.Relativamente alle metodiche usate la classificazione suggerita dal Boccardi mantiene ancora un indiscutibile valore schematico e didattico:

· chinesiterapia passiva, suddivisa in:
1. allineamento posturale passivo
2. mobilizzazione passiva in rilasciamento
3. mobilizzazione passiva forzata

· chinesiterapia attiva, suddivisa in:
1. esercizi attivi generali
2. esercizi attivi segmentari (liberi, assistiti, contro resistenza)
3. tecniche di facilitazione neuromuscolare
4. rieducazione funzionale

Il riconosciuto pioniere della riabilitazione perineale è il ginecologo statunitense Arnold H.Kegel che, oltre 40 anni, propugnò esercizi perineali per prevenire e/o trattare il prolasso genitale e l'incontinenza urinaria femminile. Ma già molti anni prima addirittura nel 1864 lo svedese Thure Brandt sosteneva che la contrazione dei muscoli adduttori coinvolgeva attivamente tutti i muscoli del pavimento, soprattutto se la paziente sollevava in alto il bacino, rinforzati da questo esercizio, i muscoli perineali opponevano una migliore resistenza alla pressione dei visceri, impedendo così sia la retroversione dell'utero che l'allungamento dei legamenti.In Italia si è assistito a partire dal 1985 ad un serio interesse nei confronti delle tecniche chinesiterapiche del pavimento pelvico; il riconoscimento della dignità scientifica delle tecniche riabilitative delle disfunzioni vescico-sfintero-perineali da parte della International Continence Society nel 1990 ha rappresentato una meta e allo stesso tempo un punto di partenza per tutti gli operatori del settore.Oggi il protocollo chinesiterapico nelle disfunzioni perineali si articola in fasi successive, messe in opera dopo una indispensabile fase preliminare con una adeguata informazione delle pazienti ed alcune sedute propedeutiche di apprendimento chinesiologico generale.Dopo alcune necessarie premesse di anatomo-fisiologia vescico-sfintero-perineale, è opportuno informare adeguatamente la paziente a proposito della patologia in atto e puntualizzare le finalità del trattamento riabilitativo; nel corso delle sedute chinesiterapiche pretrattamento è fondamentale l'apprendimento di una buona sinergia respiratoria, ottenibile solo dopo aver raggiunto un ottimale grado di concentrazione e rilasciamento.L'obiettivo generale è quello di facilitare la presa di coscienza da parte della paziente dell'attività muscolare perineale, tramite una "corticalizzazione" degli eventi motori di un'area corporea poco rappresentata a livello delle aree primarie corticali, motoria (area 4 di Brodmann) e sensitive (aree 3, 1 e 2 di Brodmann).Le fasi sequenziali del programma chinesiterapico pelvi-perineale possono quindi essere così schematizzate:· presa di coscienza della regione perineale e dell'attività muscolare dell'elevatore dell'ano;· consensuale eliminazionedelle sinergie agoniste ed antagoniste;· "training" muscolare dell'elevatore dell'ano;· automazione dell'attività muscolare perineale in concomitanza agli stress delle attività della vita quotidiana.Estremamente importante è più che mai nella riabilitazione pelvi-perineale la presa di coscienza; fattori razziali, educazionali, religiosi e iatrogeni possono determinare una scarsa "coscienza" dell'area sfintero-perineale, rendendo ragione del non infrequente povero e non corretto reclutamento motoneurale alla richiesta di una attivazione volontaria dei muscoli perineali.La conseguente minore attività afferenziale fa inoltre si che si entri in un circolo vizioso che può comportare, secondariamente, anche delle lesioni morfoistologiche dell'elevatore dell'ano.In un trattamento chinesico perineale il primo approccio è quindi sicuramente propriocettivo e si avvale di tutte le tecniche rieducative neuromotorie (facilitazioni neuromuscolari propriocettive) utilizzate per attivare il sistema nervoso centrale e per provocare, in via riflessa, una adeguata attività muscolare volontaria.Questa è sicuramente la fase più delicata dell'intero programma terapeutico, in quanto da essa dipende in gran parte il risultato terapeutico complessivo.

Induratio Penis Plastica (I.P.P.) o malattia di "La Peyronie"

La Induratio Penis Plastica (IPP) o malattia di La Peyronie, dal nome del chirurgo di Luigi XV che la scoprì nel 1743, è una malattia del pene a causa non nota, caratterizzata da una fibrosi circoscritta della tunica albuginea, la guaina scarsamente vascolarizzata che riveste i corpi cavernosi del pene. L'area di fibrosi, definita "placca", costituisce una limitazione alla elasticità della faccia del pene interessata dalla malattia durante le erezioni, determinando una curvatura verso il versante malato. Le cause, come già detto, non sono note. Il riscontro frequentissimo delle placche sulla linea mediana del pene nella regione ventrale o dorsale, ha fatto ipotizzare a moltissimi autori già negli anni sessanta e poi più di recente che, alla base del processo fisiopatologico della malattia, vi siano traumi o microtraumi ripetuti nel tempo a carico del pene eretto che determinano lesioni, anche minime, di quell'area della tunica albuginea che si trova a livello del setto di separazione tra i due corpi cavernosi (setto intercavernoso). Infatti il rivestimento dei corpi cavernosi presenta fibre circolari intorno a ciascuno di essi e fibre a decorso longitudinale che li rivestono consensualmente.Sulla linea mediana queste fibre ad andamento ortogonale tra loro si incontrano nel setto intercavernoso. Un trauma a pene eretto può scollare questi due strati di fibre lacerandoli. A queste lacerazioni, uniche o ripetute, conseguono i normali processi riparativi dell'organismo che all'inizio producono fenomeni di infiammazione locale e, nel tempo, la formazione di una cicatrice. Questa costituisce la tipica "placca" della IPP. Col passare del tempo questi processi cicatriziali si stabilizzano, vi si depositano sali di calcio col risultato finale di placche calcifiche immodificabili, tipiche delle IPP stabilizzate.
La IPP colpisce prevalentemente uomini di mezza età, molto più raramente soggetti giovani o anziani. Tale distribuzione epidemiologica viene giustificata e, allo stesso tempo, conforta l'ipotesi eziologica esposta in precedenza, mettendola in relazione a due fattori: elasticità dei tessuti e vigore sessuale.Nei giovani l'enorme elasticità dei tessuti è in grado di assorbire il traumatismo intrinseco dei movimenti coitali; negli anziani si assiste a una notevole riduzione della elasticità dei tessuti a cui però si accompagna anche una notevole riduzione di "energia" durante i rapporti sessuali. E' nella V-VI decade di vita che, pur mantenendosi un elevato stress meccanico a carico del pene eretto durante il coito, i tessuti penieni perdono più o meno gradualmente e più o meno velocemente la loro elasticità.Devine e coll. nel 1992 riportano il riscontro quasi esclusivo della IPP nella razza bianca (rari casi tra i neri e nessuno tra gli orientali).
La malattia nel 50% dei casi ha esordio improvviso e nell'altro 50% dei casi esordio insidioso e lento nel tempo. Anche questa differente modalità di presentazione del quadro sintomatologico viene ad essere in accordo con l'ipotesi eziologica che abbiamo riportato. Infatti un paziente su due ha ricordo del trauma penieno accompagnato da vivo dolore durato da pochi minuti a qualche giorno intercorso circa 1-4 settimane prima dell'insorgenza della curvatura. L'altra metà dei pazienti non ricorda invece un evento traumatico preciso. Nel primo caso è probabile che il trauma abbia provocato una lacerazione sufficientemente importante da essere corredata da dolore e impotenza funzionale più o meno lunga, nel secondo caso probabilmente una serie di ripetuti microtraumi sono alla base della malattia. Comunque insorga, la malattia conclamata si manifesta con una fase acuta e una fase di stabilizzazione. Nella fase di acuzie, che come abbiamo visto può insorgere immediatamente dopo un trauma o dopo un periodo variabile di tempo, il paziente lamenta dolore spontaneo o all'erezione e curvatura del pene in erezione e, meno frequentemente, anche in stato di flaccidità.E' questa la fase in cui va effettuata la terapia. A questa fase infatti consegue, dopo un periodo di 12-18 mesi, necessari all'organizzazione cicatriziale della placca, la fase di stabilizzazione in cui i processi infiammatori sono risolti e residua una placca calcifica inattacabile dalla terapia. E' dunque fondamentale aggredire la malattia con la terapia idonea nella fase acuta, quella in cui l'infiammazione e i processi cicatriziali sono ancora in atto, per ridurre la formazione della cicatrice e il deposito dei sali di calcio. Alla malattia di La Peyronie può associarsi un deficit erettile sia perché il dolore e la curvatura, con il conseguente dolore alla penetrazione per entrambi i partner, hanno sull'attività sessuale un importante effetto psicologico negativo, sia perché le modificazioni dei tessuti penieni, che sono alla base della possibile causa dell' IPP, concidono con quelle che concorrono al determinismo delle disfunzioni erettili organiche. Moltissimi Autori affermano che la IPP di per sé non è causa di disfunzioni erettili, ma spesso precede e/o si comporta da concausa di alcune forme di deficit erettivo organico o psicogeno.

La diagnosi andrebbe posta il più precocemente possibile.Molti Autori hanno proposto diversi protocolli diagnostici con l'utilizzo delle più svariate metodiche. Nella maggior parte dei casi la diagnosi di IPP si fa con 4 semplici modalità: 1) accurata raccolta della storia clinica del paziente (modalità e tempi di insorgenza, sintomi, manifestazioni associate, vita sessuale); 2) autofotografie, in almeno due proiezioni, che il paziente deve eseguire a pene eretto che permettono di calcolare l'esatto angolo di curvatura del pene; 3) esame obbiettivo che eseguito da mani esperte permette valutazioni estremamente precise dello stato di malattia; 4) ecografia peniena a pene flaccido e in erezione farmacoindotta.
Quando un paziente, inviato dall'andrologo o dall'urologo, viene nel nostro studio per la terapia riteniamo utile effettuare il primo atto terapeutico senza medicine o strumenti.Il colloquio, chiaro e sereno con il paziente è essenziale: un uomo, in una società ancora molto maschilista che proietta negli attributi sessuali il fondamento dell'esistenza (chi non ricorda le gare giovanili basate sulle varie dimensioni….) al quale viene diagnosticata una induratio penis si sente crollare il mondo addosso, si sente colpito nella sua parte più vitale, crede di essere il solo ad avere questa patologia. Per questo è importante cercare di sdrammatizzare subito, far capire che è una patologia molto diffusa da sempre e curabilissima, ma che spesso gli uomini, per un falso senso di vergogna, hanno nascosto tra le mura domestiche. E' importante, se possibile, coinvolgere anche la partner per il ruolo che riveste la coppia, come elemento unitario, nella evoluzione della malattia e, soprattutto, nella scelta della strategia terapeutica.Un pene curvo infatti può essere altrettanto doloroso per il paziente che per la partner col risultato che spesso evitare il rapporto sessuale diviene una scelta forzata di entrambi.Ma veniamo alla terapia vera e propria. La terapia chirurgica, che tra l'altro si va sempre più affinando, prevede interventi di escissione della placca e apposizione di patch in materiale sintetico o autologo (lembi di mucosa prelevati al paziente stesso) o interventi di impianto di protesi peniene per i rari casi di deficit erettile irreversibile, va riservata a quei pazienti che, a causa della curvatura o del deficit erettile, non possono assolutamente avere rapporti sessuali e li desiderino. Per quanto riguarda le infilrazioni con farmaci antiinfiammatori somministrati in sede perilesionale (corticosteroidi e ergoteina) molti Autori cominciano ad essere perplessi, a causa dei rischi di fibrosi reattiva al traumatismo dell'iniezione e propendono sempre di più per la somministrazione farmacologica con ionoforesi in sede ambulatoriale. Quindi esaminate la terapia chirurgica e medica di stretta pertinenza medica, veniamo al protocollo che usiamo attualmente nel nostro studio, frutto della sperimentazione e della continua revisione delle esperienze dei centri specializzati.
Vitamina E alla dose di 200-400 mg x 2 volte al di.Ionoforesi con: PrismaFibraseBentelanoppure con Verapamil
Il paziente deve essere adeguatamente preparato: in posizione supina, prendiamo un foglio di carta di alluminio, per evitare che si bagni, su cui poniamo un altro foglio di carta da lettino; i due fogli hanno un foro dal quale facciamo uscire il pene, che deve essere accuratamente pulito con alcool puro al 60% in acqua deionizzata per evitare residui e quindi interferenze con la penetrazione dei farmaci (se occorre consigliamo al paziente di effettuare una tricotomia locale). Sopra le pezzette di spugna, sempre nuove e bagnate in acqua deionizzata, poniamo uno strato di garza sterile e su questo versiamo i farmaci di volta in volta usati.Gli elettrodi vanno posizionati ai lati del pene ed usiamo una corrente di 4 milliA per almeno 25 minuti.Insieme alla ionoforesi usiamo il laser e/o gli ultrasuoni con Lioton mille sulla placca.In genere la cura dovrebbe essere effettuata, a giorni alterni, per almeno due mesi nella prima fase; successivamente è opportuno effettuare ogni due o tre mesi un ciclo di almeno dieci sedute.I risultati sono tanto più positivi quanto precoce è l'intervento che riduce la formazione della cicatrice e il deposito dei sali di calcio. In ogni caso, anche perché non è frequente vedere un paziente in fase acuta, anche successivamente i risultati sono notevoli: il dolore scompare, diminuisce la curvatura e si riduce l'area di fibrosi.A questo proposito, per quanto risulta dagli ultimi studi andrologici, mediante lo stiramento del pene, la tunica albuginea si estende/dilata e si vascolarizza meglio; per questo motivo consigliamo ai nostri pazienti di effettuare delle piccole manovre di stiramento del pene e di massaggio leggero sulla placca.

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